Ascolto e tecnica si uniscono per costruire percorsi osteopatici personalizzati, volti a migliorare condizioni dolorose e funzionali e a rendere autonomi i pazienti.




Se penso a Marco Rasi i colori che mi vengono in mente sono il blu e il marrone. Come il Blu, Marco ha una voce pacata, un sorriso accogliente ed emana un senso di tranquillità che ti avvolge e fa sentire al sicuro. Una sensibilità che viene arricchita dalla solidità e dalla concretezza della terra e dall’energia del fare. Il marrone. Racconta di sé: <<da ragazzo ho frequentato il Liceo classico, scegliendone uno che prometteva di avere della parti più pratiche e meno teoriche. Purtroppo non era così. Da bambino ho seguito un percorso steineriano o per me la pratica è fondamentale: per questo ho abbandonato l’idea di iscrivermi a Medicina all’Università, optando invece per la Scuola di Osteopatia che permette di iniziare a far pratica quasi da subito, grazie ai tanti tirocini che si possono frequentare e agli scambi tra studenti>>. Diplomatisi nel 2020 presso SOMA – Istituto Osteopatia Milano, Marco ha iniziato a operare a domicilio, abitudine che non ha completamente perso nemmeno oggi, che ha invece uno studio in via Venini, in zona Stazione Centrale di Milano, dove per ora riceve due giorni la settimana. Spiega <<ci sono situazioni in cui il paziente non riesce a venire in studio, magari perché bloccato nel movimento o per ragioni di età, e l’unica soluzione possibile resta il trattamento domiciliare. Senza contare che con alcuni pazienti di vecchia data si è creata una vera e propria amicizia, per cui l’appuntamento a domicilio è anche occasione per chiaccherare e prendersi un caffè>>. Questo rendersi disponibile e creare rapporti, a mio parere è una caratteristica che parla molto di Marco che, non a caso, riconosce nell’ascolto attivo a 360° il suo peculiare superpotere.

Osteopatia e ascolto attivo

<<Quando un paziente viene da me si porta dietro tutta la sua vita, le difficoltà che sta vivendo, ma anche le gioie, i desideri e i vari pensieri. Ed è inevitabile. Faccio lo stesso quando mi reco a mia volta da un professionista. Il mio compito, quindi, non è solo di ascoltare e dare attenzione al problema doloroso/funzionale che mi porta, ma a tutta la persona>>. Come dovrebbero fare tutti i professionisti che lavorano nella relazione di aiuto… Ma in questo caso c’è una sensibilità in più, legata a una esperienza di vita personale. <<Nel 2017 ho fatto un grave incidente in moto e ne sono uscito parecchio rotto. Sono quindi un paziente politraumatizzato a mia volta, con qualche chiodo e vite che ancora si fa sentire, per esempio se faccio viaggi in macchina troppo lunghi. So cosa significa provare dolore. So cosa significa provare frustrazione verso un dolore che non passa. So cosa significa avere paura di non poter tornare alla funzionalità di prima. E quando il paziente prova queste emozioni io le sento risuonare dentro di me e ne tengo conto, lo ascolto davvero, con tutto il mio essere>>. Grazie a questa capacità, il paziente si sente accolto e può finalmente rilassarsi e questa è una parte fondamentale del trattamento, dal momento che <<lo stress è fortemente connesso con lo sviluppo di infiammazione a carico dei tessuti – sottolinea Marco, che aggiunge – Tra l’altro, l’ascolto è parte fondante dell’osteopatia. Si parla di ascolto osteopatico>>. Di cosa si tratta? DI un tipo di ascolto difficile da capire se non si possiede il dono di sentire con le mani; parte infatti dall’ascoltare il corpo del paziente come se si fosse al suo interno, per comprendere a fondo il caso. <<A questo ascolto si affianca un ascolto esterno, dal mio punto di vista, che permette di vedere altri aspetti del problema. Infine, in alcuni casi può essere utile procedere con un ascolto dall’alto, in cui si osserva la scena come se si fosse un osservatore, riuscendo a individuare spesso la causa del problema. Una causa che può non essere nel corpo, ma fuori di questo>>. Una pratica che fa parte dell’Osteopatia Tradizionale e che richiede parecchia energia all’operatore. Vediamo gli altri strumenti di Marco.

Gli strumenti del mestiere, dai più tradizionali ai più innovativi




<<Dopo aver ascoltato il paziente da tutti i punti di vista, cerco la causa del suo problema, basandomi tanto sulla biomeccanica quanto sull’osteopatia pure che, come abbiamo visto, usa anche degli strumenti più sottili>>. Una volta individuato il problema, Marco lavora per accompagnare il corpo al suo naturale equilibrio, dando grande importanza anche alla parte educativa. <<Il mio impegno è volto sì a migliorare i sintomi del paziente, ma anche a costruire in lui e con lui una nuova consapevolezza, perché possa diventare autonomo. Desidero che i miei clienti possano preservare a lungo la loro salute, chiedendo il mio aiuto solo se davvero necessario. Anche per questo, suggerisco spesso di non aspettare di stare male per farsi trattare, scegliendo invece percorsi di prevenzioni che prevedono un trattamento al mese, per tenere il corpo in equilibrio>>. Altro aspetto essenziale, per Marco, è la personalizzazione del trattamento: <<nell’arco di questi 10 anni di attività ho lavorato con tante tipologie di persone, potendo sviluppare competenza anche in situazioni complesse e in pazienti con necessità specifiche, il che mi porta a poter personalizzare al massimo il percorso che propongo>>. Tra gli strumenti che Marco utilizza c’è anche la nanotecnologia.



Nanotecnologia in osteopatia




Da un anno a questa parte Marco ha introdotto in studio un sistema integrato di nanotecnologia, Taopatch®. <<Li ho testati personalmente per trattare i disturbi che derivano dal mio incidente del 2017 e, vista l’efficacia, ho deciso di metterli a disposizione anche dei miei clienti>>. Di cosa si tratta? <<Sono dispositivi grandi come una moneta da 2 centesimi, che sfruttano la terapia luminosa per lavorare sul dolore, allentandolo quasi istantaneamente e ristabilendo rapidamente anche la funzionalità muscolare. Più nel dettaglio – spiega Marco – questi cerotti aumentano la produzione di ATP, eliminando le interferenze che possono interporsi tra gli impulsi inviati dal cervello e la periferia>>. Il primo effetto che si ottiene è lo stupore positivo del paziente, <<io lo chiamo “effetto wow”>>, che lavora positivamente dal punto di vista psicologico. <<Ho inoltre verificato che utilizzando questi dispositivi posso individuare prima il problema: per esempio, se la loro applicazione porta a una riduzione immediata del dolore, posso affermare che la problematica è di carattere posturale. Ho anche notato che i pazienti che portano i dispositivi per un po’ di tempo hanno tempi di risposta più rapidi>>. Infine, questi dispositivi sono validi alleati nel trattamento del dolore cronico, perché dopo il trattamento manipolativo possono essere indossati H24, continuando a lavorare tra i due appuntamenti.

Contatti: https://www.mrosteopatia.it/

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